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 Le confessioni di un uomo di successo

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AutoreMessaggio
Eduardo Becchimanzi

Eduardo Becchimanzi


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Località : Reggio Emilia

Le confessioni di un uomo di successo Empty
MessaggioTitolo: Le confessioni di un uomo di successo   Le confessioni di un uomo di successo Icon_minitimeSab Feb 20, 2010 6:33 pm

ore 23:55:03

Sono all’ultimo piano del grattacielo più alto di New York.
Mi accendo una sigaretta.
Stanotte è curioso guardare il vasto panorama di luci. E’ tempo di farlo, ho deciso.
Oggi pomeriggio il mio agente mi ha informato che le aziende di cui sono socio hanno incrementato le vendite.
Caviale e Champagne questa sera a cena, in compagnia di mia moglie. Dopo il solito amplesso che ci concediamo esclusivamente per le occasioni speciali, freddo e sterile come la morte, tornano a galla i timori di una vita di false certezze. Le considerazioni inconsce più fatali strisciano sulla mia pelle ancora intrisa di sudore spingendo la gamba a fare un timido passo avanti.
C’è un vento forte quassù. Inspiro lentamente… e mi rendo conto che è tutto sbagliato.
Io, la mia vita, mia moglie, i miei soldi… un’intricata ragnatela di doveri, responsabilità, legami dai quali non mi posso distaccare. Non posso gridare aiuto, nessuno accorrerebbe in realtà.
Riaffiorano i ricordi.
Quando ero poco più di un bambino mio padre mi regalò una chitarra. Non la toccai mai.
“Non mi piace”, risposi con quell’aria viziata che posso soltanto immaginare. La mia vita era nei numeri, nelle figure geometriche, negli schemi di marketing all’università.
Non c’è dubbio, sono un uomo di successo.
“Non ho mai sbagliato”, mi ripetevo qua fuori fumando una maledetta sigaretta, inconsapevole del meccanismo di auto convincimento che mi controllava.
“Sono un uomo felice”, dissi al mio matrimonio. Anche quella era una spregevole bugia ingerita a sangue freddo con lo spumante più costoso d’America. La verità è che non lo sarò mai. Non lo sono mai stato, non so nemmeno cosa sia la felicità.
La vita per me è sempre stato un susseguirsi di eventi senza grande importanza, da caricare sulle spalle per farmi strada più avanti. Solo ora mi rendo conto che non ho mai capito niente, che dovevo fermarmi per osservare il sole che sorge, invece di esser schermato dalle ultime notizie di un quotidiano inutile come sempre, più simile ad una preghiera imposta dal pastore che una raccolta di informazioni.
Ma stanotte finirà questo scempio che chiamiamo vita.
Depongo il cellulare sull’orlo del baratro e fisso miseramente in basso, come non ho mai fatto.
Non dirò addio a nessuno, non m’importa che mi capiscano.
La guerra è sempre stata fra il cervello ed il cuore, e per la prima volta in me ha vinto il vicino inferiore.
Poveretto, non sa che fra poco sarà spiaccicato sul ciglio della strada.


Ore 00:00:01

Il latrato di un cellulare risuona nel silenzio della notte, ma nessuno risponderà.




Eduardo Becchimanzi
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